Se il tema oggi è rivendicare una infrastrutturazione del territorio perché attardarsi su un’opera che aggiunge così poco al miglioramento dei trasporti e delle condizioni di vita degli abitanti dei territori e non concentrarsi, al contrario, su opere molto più utili come la messa in sicurezza delle città, la tutela dal rischio sismico e idrogeologico, l’ammodernamento della rete idrica e del sistema viario e ferroviario siciliani?
Il tema del Ponte sullo Stretto ritorna nella discussione pubblica a corrente alternata. L’impressione è che, al momento, i soggetti che avrebbero la possibilità di spostare le risorse necessarie non siano interessati a farlo per questa infrastruttura. Il Ponte, però, ha un tale carattere evocativo da poter essere utilizzabile come argomento da campagna elettorale o occasione per ricavarsi un po’ di visibilità o dare significato ad un mandato parlamentare altrimenti privo di senso. Per queste ragioni, una volta accantonata la prospettiva della costruzione del Ponte, tra gli attivisti No Ponte si è preferito sottrarsi al dibattito Ponte Sì/Ponte No. E’ stato un modo per tirarsi fuori da un teatrino inutile.
Oggi, però, qualcosa è cambiato. Più che l’iniziativa messinese dei Sì Ponte di qualche giorno fa, che è sembrata francamente un po’ debole, è la manifestazione Sì Tav di Torino che segnala una offensiva del mondo trasversale favorevole alle Grandi Opere che era uscito sconfitto dalla parabola berlusconiana. Le Grandi Opere, infatti, erano state battute da un punto di vista politico-culturale, ma erano affondate anche a causa della loro insostenibilità finanziaria e all’evidenziarsi dei fenomeni corruttivi ad esse collegati.
Un mutamento fondamentale nell’attuale narrazione dei Sì Ponte è connesso proprio agli aspetti finanziari. A tempi della Legge Obiettivo si insisteva sulla auto-sostenibilità economica dell’infrastruttura ed è proprio sul fallimento delle previsioni di attraversamento e dei pedaggi che è crollato il Ponte. Oggi, al contrario, si chiede che sia lo Stato ad investire e viene lamentata, giustamente, la differenza di risorse riservata alle opere del Sud rispetto a quelle del Nord.
Ma se il tema oggi è rivendicare una infrastrutturazione del territorio perché attardarsi su un’opera che aggiunge così poco al miglioramento dei trasporti e delle condizioni di vita degli abitanti dei territori e non concentrarsi, al contrario, su opere molto più utili come la messa in sicurezza delle città, la tutela dal rischio sismico e idrogeologico, l’ammodernamento della rete idrica e del sistema viario e ferroviario siciliani? Sarebbe più produttivo, insomma, oggi affrontare un ragionamento preliminare rispetto agli aspetti ambientali, paesaggistici e ingegneristici connessi alla costruzione del Ponte sullo Stretto.
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