I Gilet Jaunes hanno il merito di avere riportato all’ordine del giorno il conflitto sociale come modalità dell’azione politica. E questa è, comunque, una buona notizia.
L’ascesa dei populismi, talmente potente da diventare manifestazione di governo, si è nutrita di una rabbia impotente, trasformata in rancore e tradotta in proposta istituzionale. I populismi al governo sono la modalità che il potere ha trovato per rendere ininfluente la rabbia popolare (moltitudinaria, potremmo dire, per distinguerla dall’idea di popolo basata su soggetti sociali massivi e coesi che appartiene alla nostra tradizione politica).
Il rancore moltitudinario, il risentimento nei confronti delle caste, la percezione del proprio progressivo impoverimento ha portato, alle più svariate latitudini, a scommettere la propria ultima fiche sulla più prossima espressione dell’anti-politica che ambiva a farsi proposta di governo. E quando poi, fallita questa, ci si ritrovava a fare nuovamente i conti col momento elettorale, a trovarne ancora una di fiche per puntare su una nuova speranza.
E’ evidente che, prima o poi, questo meccanismo dovrà incepparsi giacché le ragioni dell’impoverimento generalizzato (e la distruzione del pianeta, andrebbe aggiunto) ha carattere strutturale, co-esistente alle compatibilità imposte dalla crisi, e non c’è governo che possa, da sé, risolvere la contraddizione.
I Gilet Jaunes sono forse questo punto di rottura. In ogni caso hanno il merito di avere riportato all’ordine del giorno il conflitto sociale come modalità dell’azione politica. E questa è, comunque, una buona notizia.
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