In una recente intervista Cateno De Luca ha dichiarato, riferendosi al Piano di Riequilibrio Pluriennale, che con una straordinaria opera di risanamento finanziario, la sua amministrazione ha ricondotto la massa debitoria del Comune di Messina da 550 a 142 milioni euro. A ben guardare, le cose non stanno esattamente così. E’ vero, infatti, che l’ultima versione del Piano di Riequilibrio ammonta a 550 milioni e che quella che De Luca intende presentare a gennaio ammonterà, evidentemente, a 142 milioni, ma questo non vuole dire che i debiti siano spariti. Semplicemente, gran parte di quelle somme sono state espunte dal Piano di Riequilibrio.
In una parte della sua relazione del secondo anno di attività il Sindaco spiega, a ragione, che, in fondo, la condizione di predissesto e quella di dissesto sono penalizzanti allo stesso modo per l’amministrazione comunale poiché ne ingessano le attività e i bilanci fino a far rischiare la paralisi. Si potrebbe aggiungere, però, che quanto meno il dissesto esplicita le responsabilità di chi l’ha causato e consente transazioni sulla massa debitoria più vantaggiose. Ad ogni modo, De Luca avverte l’urgenza di uscire al più presto dal Piano di Riequilibrio per potere avere meno vincoli di spesa. Ma come fa a ricondurre quei 550 milioni a 142. Per verificarlo bisogna analizzare una per una le voci della sezione impieghi del Piano di Riequilibrio come rimodulato dalla delibera 85/C del 23.11.2018.
1. I debiti certi, liquidi ed esigibili ammontano a € 112.352.570. Su questi debiti De Luca si giocava tutto già ai tempi del Salva Messina. In quella fase, infatti, aveva annunciato e messo in delibera che se non fosse riuscito a sottoscrivere entro il 31.12.2018 transazioni al 50% con creditori che vantassero complessivamente almeno il 70% di quella somma avrebbe dichiarato il dissesto. In realtà, l’Ente ha firmato transazioni al 50% per € 28.518.755 (il 25,41% del totale, poco più di un terzo dell’obiettivo fissato per evitare il dissesto), mentre ha rateizzato in 13 annate debiti per € 23.946.633. Considerando che 3.165.079 sono stati eliminati perché non dovuti, De Luca espunge dal Piano di Riequilibrio 55.630.469 euro, ma, nei fatti, i debiti cancellati sono solo 17.424.456.
2. Gli ex Debiti Fuori Bilancio della Riga 3 (quelli per i quali il Comune ritiene che risulterà soccombente in giudizio) erano € 56.563.398 e tali rimarranno.
3. La voce dedicata ai Derivati BNL rimane invariata a € 9.658.005.
4. I debiti potenziali con giudizi pendenti nel Piano di Riequilibrio in vigore valgono € 71.635.881. De Luca, senza alcuna ulteriore spiegazione, nella relazione del secondo anno di attività dichiara che “ritiene” possano essere ridotti del 50%.
5. Dal Piano di Riequilibrio, poi, viene espunta per intero tutta la massa debitoria relativa alle Società partecipate: 132.351.978 euro. Secondo la norma è vietato il soccorso finanziario di società partecipate fallite da parte del Socio pubblico, ma quei debiti non scompaiono. Ai creditori (in parte i lavoratori stessi) bisognerà dare conto attraverso crediti, beni, attrezzature, immobili. Al momento, però, il Comune utilizza ancora in proroga i mezzi delle società fallite.
6. De Luca ritiene di potere non utilizzare la prima metà del Fondo di Rotazione che viene concessa anche nel caso in cui (il nostro caso) il Piano di Riequilibrio non fosse stato ancora approvato dalla Commissione deputata del Ministero degli Interni e dalla Corte dei Conti. Quell’anticipazione è pari a 34.636.881 euro, ma, è evidente, in questo non c’è alcuna cancellazione del debito. Semplicemente si decide di non utilizzare una possibile entrata.
7. Dal prossimo Piano di Riequilibrio il Sindaco ritiene di dover espungere i 61.092.987 euro di Disavanzo da riaccertamento straordinario. L’ammortamento di quel disavanzo ha durata trentennale ed è evidente che dovrà, comunque, essere pagato con rate annuali.
8. Infine, poiché il Piano di Riequilibrio in questo modo si riduce di molto il Fondo Rischi viene a sua volta ridotto da € 73.928.424 a € 12.341.211.
L’azione di risanamento finanziario di un Comune ha senso solo se equa e, soprattutto, se si traduce in un miglioramento dei servizi. Nelle condizioni e nelle norme vigenti questo è praticamente impossibile. Ci vorrebbe l’apertura di un contenzioso con lo Stato che restituisca ai comuni le risorse sottratte negli ultimi decenni. Ci vorrebbe una novità nell’attuale desolante quadro politico. Invece, il più delle volte l’opera di risanamento disegna solo una contrazione dei servizi oppure diventa solo la costruzione di “narrazioni” che non modificano in maniera sostanziale la situazione. Dai dati riportati si può facilmente ricavare che nel caso di Messina la narrazione del Sindaco sia molto al di là dei reali risultati conseguiti.
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