Alzò lo sguardo, mentre iniziava l’ultima calata.
“Noi siamo di tutti”, disse, mentre accennava un sorriso.
Avevano passato l’inferno. Erano malconci, ma vivi.
Solo nelle situazioni estreme trovi il senso, pensò.
Il passato si distende davanti a te e puoi percorrerlo a ritroso.
Solo allora capisci che l’oggi non esiste,
che il momento è un’illusione,
vedi tutte le crepe dell’attimo che fugge.
Stava per sparire nuovamente nella nebbia.
“Ci vediamo giù”, urlò, sperando che la corda ci arrivasse, giù.
Aveva un solco ancora più profondo sul viso.
Si fosse guardato allo specchio in quel momento
l’avrebbe odiata ancora di più quella ruga.
Eppure a me piaceva quel segno.
“E’ l’incedere ineluttabile del tempo”, pensai,
fingendo un’inesistente vena poetica.
La corda ora era lenta. Era arrivato. Toccava a me.
Mi voltai un’ultima volta. L’inferno è terribilmente attraente,
pieno di eventi, emozioni. Il paradiso, invece, devi riempirlo di buone intenzioni.
“Un giorno ci torno quassù”, mi dissi, e mi lasciai scivolare.
Entrai anche io nella nebbia. Senza neanche accorgermene toccai terra.
Ci ritrovammo lì, spaventati dal tempo a venire.
Bisognava mettere tutto rapidamente negli zaini prima che arrivasse il buio.
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