“Questa ci tirerà fuori dai guai.” Guardò la sua nuova piccozza brillante di negozio. Beh, allora stiamo tranquilli. Eppure Maurizio mi aveva avvertito. In montagna ognuno deve sapersela cavare da solo. Noi siamo gente di mare però, pensai.
Naturalmente ci muovemmo in ritardo. Gli austriaci erano già nel canalino un paio di centinaia di metri sopra di noi e non mancavano di scaricarci addosso qualsiasi cosa. Il blocco di ghiaccio che aprì da parte a parte il casco di Sergio provocò solo la nostra ilarità. Certo, cosa ci sarebbe potuto succedere?
Salivamo che ci sembrava una passeggiata. I primi cento metri andarono via così, lisci come l’olio. Che importava se la nostra attrezzatura era vecchia, la via l’avevano aperta coi ramponi senza punte orizzontali.
Roby e Sergio sparirono oltre il traverso e lì iniziarono i problemi. Su una placca di calcare in qualche modo me la sarei cavata, ma che ne sapevo io di ghiaccio? Giuro che pensai che sarei morto. La corda scendeva libera sotto di me fino alla sosta. Santino mi assicurava inutilmente. Adesso volo e finiamo insieme nel ghiacciaio, pensai. Trovai i buchi dei loro chiodi e ci misi dentro i miei. Proprio un bell’ancoraggio!
“Sali”, urlai, pensando che la mia parte l’avevo fatta. Il traverso ci stressò ancora di più, se possibile. La nostre forze erano già finite poche decine di metri più in alto. Seduti su un blocco di granito incassato nella neve che si scioglieva al sole elencavamo i nostri errori. La sua piccozza nuova non ci aveva tirato fuori dai guai. Non gli imputammo mai l’onta dell’elicottero. E sbagliammo.
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