Partii da Messina, come sempre, molto presto. Bella forza i palermitani. Loro le pareti le avevano sotto casa. Era il primo giorno del corso. Traversata di Capo Zafferana, recitava il programma. Giunto sul posto, Roby mi comunicò che non avevano bisogno di noi. L’itinerario era facile. Così avremmo potuto dedicarci all’apertura di una via che aveva in mente da tempo. Mi sentivo inorgoglito.
Attaccammo la via con tutto il corso sotto di noi. Davvero istruttivo! I primi tiri filarono via velocemente. Era facile. Poi iniziò il tratto difficile. Niente di straordinario, per carità. Rimasi sorpreso dalla quantità di protezioni che metteva. Non me l’aspettavo. Evidentemente la sua abitudine di arrampicare sprotetto la riservava alle pareti che conosceva bene.
Tutto filò via velocemente. Non ricordo neanche più il nome che demmo all’itinerario. Mi resta il ricordo di una via aperta a tiri alterni e la sua attenzione nella posa delle protezioni. Decisamente più logica rispetto alla mia. Mi capita di pensare a quella giornata e di collegarla a quell’altra volta in cui salendo sciolto e un po’ esitante durante un corso Roby continuava a lamentarsi delle sue “scarpacce”. Forse è per questo che ogni volta che un tratto troppo lungo mi mette paura esclamo: “ste’ scarpacce!”.
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