Daniela

Mi ha sempre fatto difetto la resistenza. Per quella devi arrampicare tanto. Le pareti, però, erano distanti e i pannelli allora non si usavano ancora. La forza, invece, un po’ ce l’avevo. Ero magro e facevo tante trazioni. Per questo sulle vie lunghe dello Schiavo prenotavo sempre i primi tiri.

Quel giorno andammo a fare la Daniela. Con noi c’era Battimelli. Era appena tornato dal Verdon dove aveva fatto Pichenibule. Non andava tanto per il sottile. Se c’era da tirarsi dai chiodi lo faceva.

Appeso alla seconda sosta il mondo mi appariva più sopportabile. Le regole della quotidianità erano lontane e il tempo perdeva il significato di misura del valore. L’arrampicata è stata per me la continuazione della rivoluzione con altri mezzi. Certo, nelle piazze avevamo perso, ma lungo le pareti potevamo ancora essere belli e ribelli.

Non so cosa riguardassero ma anche Roby era assorto nei suoi pensieri. Fatto sta che la corda s’ingarbugliò. Provammo a dipanare la matassa. Niente. Intanto Battimelli era nel tratto di 6c che puoi azzerare. Lui, naturalmente, lo fece. Il nodo si avvicinava rapidamente al discensore. Avremmo potuto fermarlo. Dirgli di appendersi. Non lo facemmo. Roby sganciò tutto, filammo la corda e riagganciammo. Ci guardammo: “Occhio non vede …”. Non so se Roby gli raccontò mai l’accaduto. Io non lo feci.

Poi Battimelli sparì oltre il tetto. Quando la corda fu in tiro partimmo anche noi. Non lo sentivamo. Non eravamo certi di essere in sicura. Nelle vie dello Schiavo è difficile sentirsi da sosta a sosta. Sono troppo distanti e il rumore della città fa il resto. Ci vuole sensibilità per arrampicare sulle vie di Roby.

 

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