Sarà stato vent’anni fa. A quel tempo mi rotolavo ancora nel fango delle grotte. Di Roby si parlava molto nell’ambiente. Arrivammo sotto le pareti che il sole era già bello alto. Inforcai le mie Montelliana nuove di zecca e mi portai alla base. Ci aspettavano. Roby guardò verso i miei piedi con l’aria un po’ snob che gli avrei rivisto in viso tante volte. “Non ce l’hai un paio di scarpe da tennis?” Sì che ce l’avevo, stronzo.
Attaccammo la via. Dieci metri di III verticale e ben ammanigliato. Una cazzata, ma per me era già tanto. Arrivai in cima alla placca. Mi aveva recuperato a spalla, lo sbruffone. Continuammo ancora per qualche tiro, che era più un camminare che arrampicare. Non fosse stato per le Montelliana mi sarei anche divertito.
Più complicata la discesa. Come tutte le scalette di discesa di Palermo. Ne avrei percorse tante altre negli anni successivi. Alcune, francamente, pericolose. Ci portavamo gli allievi dei corsi. Eravamo davvero avventati.
La giornata terminò così. Rapidamente. Con quell’unica via all’attivo. Ero diventato un rocciatore e non me ne rendevo ancora conto. Roby era diventato mio amico e non lo sapevo ancora.
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