Dopo la Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale sembra profilarsi una bocciatura del Piano di Riequilibrio del Comune di Messina
Negli ultimi due giorni se ne sono dette tante, e non tutte esatte, sulla Sentenza della Corte Costituzionale che giudica illegittimo l’art. 1, comma 714, della legge n. 208/2015, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge n. 232/2016. In sostanza, la norma consentiva agli enti locali che avevano in corso l’iter di approvazione del Piano di riequilibrio pluriennale di scorporare la quota di disavanzo risultante dal Riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi dal Piano e di spalmarla su 30 anni.
In termini molto semplici, il Riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi è stata un’azione di “bonifica” dei bilanci degli enti locali (che tendevano a mantenere crediti inesigibili) destinata a verificare crediti e debiti. Nel caso del Comune di Messina l’operazione ha comportato l’emergere di oltre 90 milioni di euro di nuovi debiti. Nonostante fosse venuto alla luce questo nuovo debito il Piano di Riequilibrio firmato dall’allora assessore Luca Eller ne ha avuto il vantaggio di essere liberato da una quota di disavanzo che è stato spalmato in 30 anni.
Anche la riformulazione del Piano di Riequilibrio (quello di De Luca) approvato dal nuovo Consiglio ha goduto di questo alleggerimento. In sostanza, De Luca è riuscito di fare ciò che a Signorino non era riuscito e cioè utilizzare la norma che gli consentiva di allungare il Piano a 20 anni. La nuova norma consente, infatti, ai Comuni di spalmare le misure di rientro su un tempo variabile tra i 4 e i 20 anni a seconda del rapporto tra debiti e entrate dell’ente. Così, il disavanzo venuto fuori dal Riaccertamento deve essere recuperato in 30 anni, mentre il debito contenuto nel Piano di Riequilibrio (per un Comune come quello di Messina) in 20.
In molti si chiedono cosa accadrà adesso. Per il Comune di Messina sembra profilarsi la bocciatura del Piano di Riequilibrio. Quando questo arriverà finalmente (è da sottolineare che tutte le versioni sono riformulazioni del Piano Croce del 2013) sul tavolo della Corte dei Conti (è da segnalare che la Sentenza è una risposta ad un quesito posto dalla Corte dei Conti) questa non potrà non rigettarlo in quanto privo di una quota di debiti, spalmati su 30 anni sulla base di una legge giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale.
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