Il caso catanese è la manifestazione esplicita dell’incoscienza contenuta nella scelta degli amministratori di non volere riconoscere lo stato di dissesto di enti che finiscono così per avvitarsi in una spirale perversa che di piano di riequilibrio in piano di riequilibrio determina l’aggravarsi dello stato di indebitamento e lasciare le casse sempre più immiserite fino alla conseguenza ineluttabile della paralisi, del rischio di interruzione di servizi pubblici essenziali e dell’impossibilità pagare persino gli stipendi
Quello che Salvo Pogliese, Sindaco di Catania ex forzista, aveva paventato come rischio di disordini sociali non sarebbe stato altro che la giusta mobilitazione di cittadini e lavoratori per difendere servizi e stipendi in una città devastata dalle amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra che si sono succedute negli anni e che non sono state capaci di affrontare il nodo politico del debito, preferendo continuare ad amministrare come se nulla fosse nella speranza che il cerino sarebbe rimasto in mano a quelli che sarebbero venuti successivamente. Quel rischio al momento è stato scongiurato da un emendamento al Decreto Crescita che passa parte del debito storico di Roma (1,4 miliardi di euro) allo Stato e che con i minori esborsi per la rinegoziazione dei mutui costituisce un fondo (da restituire) per la città di Catania in dissesto che farà arrivare nelle casse del comune etneo 20 milioni di euro per 2019 e 35 milioni per gli anni tra il 2020 e il 2033.
Il caso catanese è la manifestazione esplicita dell’incoscienza contenuta nella scelta degli amministratori di non volere riconoscere lo stato di dissesto di enti che finiscono così per avvitarsi in una spirale perversa che di piano di riequilibrio in piano di riequilibrio determina l’aggravarsi dello stato di indebitamento e lasciare le casse sempre più immiserite fino alla conseguenza ineluttabile della paralisi, del rischio di interruzione di servizi pubblici essenziali e dell’impossibilità pagare persino gli stipendi. A Catania questo si è tradotto nell’accumularsi di un debito che è arrivato fino a 1,6 miliardi di euro. E’ ridicolo oggi chiedersi come mai nessuno vedesse quello che stava succedendo. Tutti vedevano ma evidentemente tiravano a campare perché questo consentiva di mantenere i posti di potere e i privilegi ad essi connessi.
Il dissesto porterà con sé la ricerca delle responsabilità. Al di là degli aspetti giudiziari sarebbe fondamentale aprirli tutti i cassetti del debito, farne un audit rigoroso e individuare il debito odioso. Allo stesso modo sarebbe fondamentale individuare i dispositivi finanziari e politici che rendono inevitabile il progressivo indebitamento dei Comuni, soprattutto al Sud. Ma la cosa più importante sarebbe una grande mobilitazione che imponga la incomprimibilità di servizi e retribuzione dei lavoratori. Senza questa forma di protagonismo sociale il salvataggio finanziario si tradurrà nella riproposizione successiva di un nuovo indebitamento e nel trasferimento del suo onere alle generazioni che vengono.
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